Nel 1983 ha concluso uno dei suoi film più iconici, «Videodrome», con questo dialogo: «Lunga vita alla nuova carne». Quasi quarant’anni dopo, sta tornando alla nuova carne. Perché? È una continuazione? È qualcosa di cui voleva parlare o ha visto l’evoluzione nel mondo reale di ciò che aveva annunciato?
È tutto casuale. Non è che io abbia un’agenda in cui discutere di qualcosa in particolare. Ogni film è un’entità separata, so che tra loro c’è un collegamento e che molte persone vedono cose in Crimes of the Future che erano in altri lavori come Videodrome ed Existence. Quando stavo scrivendo questa sceneggiatura, non stavo affatto pensando a quegli altri film. So però che ci saranno connessioni perché provengono dal mio stesso sistema nervoso. Quando lavoro con i Viggo, Lea, Kristen, Scott, guardo solo gli attori, anche se quando sono bravi non hanno gran bisogno di una regia secondo me.