giovedì 29 marzo 2018

DOVE NON HO MAI ABITATO di PAOLO FRANCHI. RECENSIONE DI M. FAGOTTO, 29 marzo 2018

   Già è difficile accettare la sfida e stare a sentire l’infelicità – sempre poco credibile- dell’alta borghesia in un’epoca dove l’alta borghesia è diventata altissima, distante come non mai da quel 99% che vedemmo stampato sui cartelli nelle manifestazioni anti-finanziarie appena qualche anno fa.
IMMAGINE TRATTA DA: http://materialiedesign.it/non-mai-abitato-3-motivi-vederlo/


   Si è, contro ogni rivoluzione passata o sognata, di nuovo condannati, per nascita, ad essere neo-aristocratici e non si dà alcun segno di ribellione o di fuga da quel mondo dorato.
Sarà stato impossibile per le eroine di Cechov e di James (a cui il regista sostiene di ispirarsi), ma qualcosa è accaduto nei decenni successivi.
Eppure la nascita diventa, nuovamente, ciò che stabilisce il valore e il talento come un marchio indelebile (Francesca, figlia di due architetti di talento, eredita questa dote che riemerge del tutto istintivamente nella sequenza della progettazione della stanza che serve da lettura). Alla fine, cosa cambia  per l’economia simbolica dei segni fra una donna talentuosa, architetta capace di materializzare la sua fantasia progettuale in oggetti dalla bellezza algida ed accecante ed una donna che diventa, essa stessa, un bell’oggetto da esibire nelle occasioni fastose e nei ricevimenti dell’alta finanza (“Devo accompagnare mio marito ad un ricevimento”)?
Francesca è, in realtà, contesa fra due padri diversi (“Trovo molto interessante anche il rapporto che lei ha con il marito. È un personaggio che tutto osserva e tutto determina, è come se in qualche modo avesse in pugno questa donna, seppure così apparentemente remissivo, silente, in realtà è quello più forte”, Intervista a IL MANIFESTO, 7-10-17) e in competizione fra loro e che cercano entrambi di trasformarla nel prodotto finale della loro immaginazione estetizzante ed ostensiva (sarà un caso, ma che ci sia una stretta relazione fra archi-star –come pare sia Manfredi- e l’alta finanza lo dimostrano le sontuose creature architettoniche di questi anni, sorte, non a caso nelle città globali, sedi del cosiddetto capitalismo finanziario dominante).

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