domenica 19 gennaio 2025

PAUL SCHRADER, L'ULTIMO FILM. OH, CANADA. VAGNOLO D'ALLAN G., Nel chiaroscuro della memoria l’impossibilità di una redenzione, IL MANIFESTO, 18.05.2025

 Paul Schrader: «Sempre meno a mio agio nel mostrare la violenza, il digitale ha cambiato tutto»

Il passato pesava duramente sulla coscienza del sacerdote, del giocatore e del giardiniere figure centrali degli ultimi tre film di Paul Schrader. Il protagonista del suo nuovo lavoro, Oh Canada, in concorso a Cannes, dove Schrader non era più stato dai tempi di Patty Hearst (1988), si rivolge al suo passato direttamente, affidandolo a un film. Leonard Fife (Richard Gere, di nuovo con il regista 44 anni dopo American Gigolò) è un eroe del documentario d’inchiesta in Canada, dove si è rifugiato per protesta contro la leva in Vietnam, una scelta che – insieme a un esposè sull’uso del Napalm che avrebbe «in parte ispirato Apocalypse Now»– è diventata parte del suo mito.

GRAVEMENTE malato, alla vigilia della morte, Fife convoca un ex allievo (Michael Imperioli) e una troupe di ex studenti che hanno avuto un’autorizzaione dalla tv pubblica, per ripercorrere la sua vita, raccontandola guardando diritto dentro all’occhio dell’obbiettivo, e agli occhi di sua moglie (Uma Thurman). Per questa esplorazione della mortalità, della memoria, e del raccontare, che è poi al cuore del far cinema e ha sicuramente anche dei risvolti personali, Schrader ha scelto di adattare un romanzo dell’amico Russell Banks, I tradimenti (Foregone), dai cui libri aveva già tratto uno dei suoi film più belli Affliction (1997).
Banks, che aveva scritto I tradimenti prima di ammalarsi di cancro come il protagonista del romanzo, è morto nel 2023. Il film, che Schrader aveva iniziato prima della sua scomparsa, è dedicato a lui. Ma, se in Oh Canada (titolo che Banks voleva, ma non ha potuto dare al libro per un problema di diritti) c’è una traccia di elegia, è l’elegia affilata, provocatoria, che ci si può aspettare da un autore come questo.

venerdì 17 gennaio 2025

LA MORTE DI DAVID LYNCH. FARINA R., Il cinema di David Lynch per me è sempre stato la gioia dell’inquietudine, IL FATTO, 17.01.2025

 David Lynch è morto e io non ancora. Allora posso dire brevemente che il cinema di Lynch per me è sempre stato la gioia dell’inquietudine. Premetto che non mi è mai fregato nulla di chi avesse ucciso Laura Palmer, a me interessava il suo stile inconfondibile, quel non sapere mai dove ti avrebbero portato le sue immagini ipnotiche, non era lo spettatore a guardare i suoi film, era il contrario: erano i suoi films (mettiamo il plurale) che ti fissavano, ti scrutavano in cerca dell’ignoto che alberga in ognuno di noi.