domenica 26 agosto 2018

RECENSIONE 'TITO E GLI ALIENI' DI P. RANDI. M. FAGOTTO F. 26 agosto 2018

Un film singolare, coraggioso e commovente. Così mi è sembrato TITO E GLI ALIENI, la cui regista, alla seconda sua prova, si chiama Paola Randi.
Singolare in quanto la fantascienza non è certo un genere tradizionale a casa nostra; coraggioso perchè tenta, appunto, di percorrere strade inconsuete mescolando commedia, fantasy, soprannaturale, ecc.; commovente perchè tocca questioni ancestrali (la devozione all'amore eterno; il dialogo con i morti) pur in una cornice iper-tecnologica.




C'è pure una questione metafisica, alla fine. Se la scienza e la tecnica, in fin dei conti, non siano se non mezzi più sofisticati per cercare risposte a domande dal sapore mitico e religioso. E se tutto questo si svolge in America (deserto del Nevada: vero o finto?), va bene così: è proprio qui che la scienza e la tecnica, ormai, assolvono da tempo una funzione rigorosamente religiosa! Lo avevamo visto proprio al cinema, nel 1977, in "Incontri ravvicinati del terzo tipo", il film di Spielberg, regista che la Randi omaggia più volte. Ed è proprio nella sequenza dell'incontro ravvicinato che la commozione scuote lo spettatore: quando gli alieni che scendono dall'astronave sono, le anime? i corpi?, dei parenti che stanno a terra ad assistere sbalorditi e stupefatti! Ma le apparizioni durano il giusto il tempo per commuovere tutti: spettatori e attori. Appena materializzatisi, si dissolvono, si consumano come le immagini dei vecchi super-otto con cui, nelle famiglie degli anni Cinquanta-Sessanta-Settanta, si cercava di fermare il tempo.

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