Anche “ Louisiana ” è un documentario, frutto di mesi di riprese, 150 ore ridotte a poco più di una e mezza. Un lavoro in simbiosi con le persone filmate, che produce uno sguardo promiscuo, pericolosamente prossimo ma che sa trasmettere, di questi uomini disperati e neanche troppo simpatici, la vita e le ragioni, con uno spirito di profonda carità.
Seguiamo una coppia di bianchi sottoproletari della Louisiana, drogati di metanfetamine, mentre si aggirano in un sottobosco di persone sole e disperate. Li vediamo letteralmente nudi vagare per strada, bucarsi (perfino sul seno), fare l’amore in una scena scioccante e tenera insieme, con intorno donne incinte che fanno lap dance, o ubriachi che straparlano.
Quel che vediamo è un vero pugno in faccia allo spettatore.
Dopo oltre un’ora, però, il film finisce e ricomincia raccontando un’altra storia, spiazzante e speculare: un gruppo di paramilitari che si addestra nei boschi, stavolta ai confini con l’Arkansas, in una specie di rivolta paranoica e ultra-individualista, per difendersi da un presunto strapotere dello Stato. Le due ribellioni, folli e autodistruttive, sono chiaramente senza sbocco, eppure nascono da un mondo reale, dalla oscura comprensione di contraddizioni insostenibili, come in una versione deforme dei classici dell’“individualismo democratico” alla Henry David Thoreau.
Minervini guarda i suoi personaggi senza giudicare ma con calore. Rischia molto in termini di moralità dello sguardo ma trova alla fine, in maniera esemplare, la giusta distanza. Fino a una immagine conclusiva quietamente apocalittica, che sembra arrivare dal grande cinema americano degli anni Settanta.
“Louisiana - The Other Side” di Roberto Minervini, Italia-Francia, 97’
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