E’un po’ il mondo alla rovescia di Vannacci. Selvaggia Lucarelli che sbeffeggia su Instagram il reportage del New York Times sulle stragi del 7 ottobre, e il New York Times come per vendetta che si scaglia contro i cinepanettoni e Enrico Vanzina, in una lunga analisi in prima pagina, questa sì “inconsistente e fumosa” (cit.). Poi non dite che non viviamo in un’epoca magnifica. Sono quarant’anni che Enrico Vanzina tenta di spiegare che “Vacanze di Natale” non ha nulla a che fare coi “cinepanettoni”, e basterebbe vedersi o rivedersi il film per essere d’accordo con lui. Ma l’equivoco è ormai leggenda. La gran rentrée in sala di “Vacanze di Natale”, primo al box office il 30 dicembre, diventa così una lunga invettiva woke di un fenomeno tutto italiano, incomprensibile e intraducibile all’estero. “Stare sul New York Times è un onore”, dice Vanzina raggiunto al telefono, un po’ sorpreso da questo clamore, “poi se un giorno scopriranno che da noi c’erano anche le cinecolombe a Pasquetta e il cinecocomero a Ferragosto, potrei finire per tre volte in prima, un record, neanche Sorrentino”. “Questa cosa del panettone è un’ossessione”, prosegue, “a dicembre era uscito un pezzo del Times contro il panettone che oscura il pudding (“fa schifo, è buono solo quando sta per scadere e ci si può fare un gigantesco pudding col burro”, e vabbè). Ora il New York Times sui cinepanettoni”.