La grande
borghesia contemporanea sembra dedita solo a soddisfare il proprio desiderio
sessuale, mentre non c’è più niente che la coinvolga nel senso del consumo
ostentatorio dei simboli della grande cultura del passato (la sequenza del
concerto della violoncellista davanti alla famiglia e ai parenti riuniti del
patriarca che celebra i suoi 85 anni è esilarante. En passant, sembra che
Haneke denunci la fine che la musica ha fatto anche nei Paesi di tradizione
protestante così attenti, nel passato, a questa pratica di ispirazione
religiosa).
Una ricerca di
soddisfazione carnale anaffettiva e telematicamente mediata, si potrebbe dire, che coinvolge i due figli del patriarca: dal
medico primario Thomas, che in chat con la violoncellista Claire ci descrive i
desideri perversi di entrambi, alla figlia del patriarca che parla
continuamente al telefono in inglese con il suo futuro fidanzato e compagno in
affari spregiudicati; dall’altro lato ci sono, invece, i figli dei figli, dal
figlio depresso e alcolista a cui la madre chiede se ci sia di mezzo una
delusione amorosa alla figlia di primo letto di Thomas che, appena tredicenne,
scopre la tresca in chat del padre che le farà, poi, dire “Ti ho sentito al
telefono, in spiaggia: tu non ami nessuno”.
Tre generazioni a
confronto, di cui la più antica e la più recente sembrano essere quelle
più “sane” (come non interpretare così la confessione del vecchio patriarca
George Laurent alla bambina, di aver soffocato la moglie gravemente malata,
tema di un altro film di Haneke, Amour, dove, appunto, l’uccisione della
moglie era stata ispirata dall’ amore per lei).
La generazione di
mezzo, quella di Thomas e Anne, entrambi segnati da precedenti matrimoni e
nuove relazioni non riuscite, sembra, invece, rivolta a godersi la vita in
ossequio ai principi delle “finalità senza scopo” proprie del capitalismo contemporaneo;
cosa che fa dimenticare loro, innanzitutto, le responsabilità genitoriali
(Thomas dice alla piccola Eve di essersi dimenticato di fare il genitore per
cui la sua improvvisa presenza – la piccola viene accolta a casa loro perché la
madre ha tentato il suicidio- lo imbarazza); Anne, tutta presa da problemi
economici e dalla relazione con un finanziere si dimentica a sua volta del
figlio che vive con senso di colpa il suo status di privilegiato a fronte di
una umanità schiavizzata (è lui che denuncia, davanti ad una platea ipocrita e scandalizzata,
la realtà scomoda dei migranti e dei
giovani profughi africani).
Ultimi, appunto,
i due figli, in qualche modo, innocenti solo perché più giovani ed arrivati
forse loro malgrado sulla scena terribile del nostro tempo. Più giovani, più
innocenti, eredi dello stato di cose che hanno trovato e che vorrebbero,
perciò, scaricarsi di queste colpe di cui non vogliono sentirsi corresponsabili.
Molte sequenze, anche lunghe, sono girate in soggettiva e
ci mostrano gli eventi o attraverso lo schermo di un computer o quello di un
cellulare. Una modalità di ripresa volutamente provocatoria nei riguardi dello
spettatore e delle sue aspettative: “Non irritatevi, cari spettatori, a
vedere un film attraverso il display di uno smartphone quando, ogni giorno,
fate esattamente questo: guardate il mondo esattamente così”.
Mentre stavo seguendo il film,
davanti a me, sulla sinistra, un signore ha estratto per almeno 3 volte durante
la proiezione il suo cellulare per scrivere o guardare non so cosa!!!!
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